Leggendo un articolo di giornale mi è rimasto impresso il pensiero di Goleman, voce autorevole nel campo della psicologia, intervistato in esclusiva per l’Italia a Milano.
Nato in California, laureato ad Harvard con una tesi in “Psicologia clinica e sviluppo della personalità”, Goleman è autore di diversi saggi e articoli sul tema dell’intelligenza emotiva e ha ricevuto due candidature al premio Pulitzer .
Il suo pensiero era “In questa fase di crisi prolungata i manager hanno bisogno di applicare l’intelligenza emotiva per mantenere la freddezza necessaria a evitare scelte avventate e ad ascoltare i consigli costruttivi che possono arrivare dai colleghi“.
Ma cos’è l’intelligenza emotiva?
Da Wikipedia, troviamo una citazione proprio di Goleman:
L’intelligenza emotiva viene definita come la capacità di monitorare i propri sentimenti e quelli altrui al fine di raggiungere obiettivi.
Daniel Goleman esprime le cinque caratteristiche fondamentali dell’intelligenza emotiva, che ogni uomo codifica interiormente:

  1. Consapevolezza di sé, la capacità di produrre risultati riconoscendo le proprie emozioni;
  2. Dominio di sé, la capacità di utilizzare i propri sentimenti per un fine;
  3. Motivazione, la capacità di scoprire il vero e profondo motivo che spinge all’azione;
  4. Empatia, la capacità di sentire gli altri entrando in un flusso di contatto;
  5. Abilità sociale, la capacità di stare insieme agli altri cercando di capire i movimenti che accadono tra le persone.

Continuando a leggere l’articolo, Goleman aggiunge “Indipendentemente da quanto sia tecnicamente capace e dal suo livello di intelligenza, un leader (e il discorso può essere esteso al suo staff) per avere successo deve essere in grado di gestire le proprie emozioni. Per farlo occorrono quattro abilità principali, che si possono sviluppare con il tempo: essere consapevoli di se stessi e delle proprie emozioni; usare questa forza per tenere sotto controllo le emozioni stesse, in modo da potersi concentrare sulle proprie mansioni aziendali; il terzo punto è l’empatia, vale a dire cercare di comprendere lo stato d’animo altrui, in modo da instaurare una comunicazione efficace; infine è fondamentale mettere insieme tutte queste capacità e applicarle nelle proprie relazioni quotidiane“.
In effetti, la soluzione è più semplice di quella che sembra. Ovvero, spesso i miei collaboratori sono proprio lì pronti a fornirmi la soluzione alle problematiche che affrontiamo in azienda a patto che io come Imprenditore/Manager abbia instaurato con loro un processo che li porti a guardare gli eventi con possibili soluzioni e non come potenziali problemi.
Continua ancora Goleman: “Certamente l’applicazione pratica non è facile, ma occorre una lunga formazione. Innanzitutto occorre ricordare sempre che tra i cardini dell’intelligenza emotiva c’è la capacità di far prevalere le emozioni positive e di usare l’empatia per sintonizzarsi con le esigenze degli altri. Un buon manager ha il dovere di essere ottimista e diffondere questo stato d’animo tra i suoi collaboratori, perché anche loro stanno attraversando un periodo difficile. Non parlo di ottimismo di maniera o irrazionale, ma di spirito positivo con il quale contagiare gli altri. Controllare le proprie reazioni emotive significa sia essere capace di pensare chiaramente in condizioni di stress e prendere quindi buone decisioni, sia non rovinare le relazioni interpersonali con atteggiamenti aggressivi o scostanti“.
Questo processo sta alla base dei nostri servizi. Il primo lavoro viene fatto sull’imprenditore, che a cascata trasferirà questa nuova modalità di gestione in azienda ai suoi collaboratori. Questo processo, che è stato studiato, è direttamente proporzionale al miglioramento delle performance aziendali in termini di:
1. miglioramento del clima aziendale
2. incremento del fatturato
3. abbattimento del costo della non qualità
4. aumento degli utili

Esso porta l’Imprenditore/Manager ad avere maggiori soluzioni e a poter guardare la vita aziendale con maggiore fiducia.
Ancora Goleman nell’articolo dice: “Il mio consiglio è di fare dell’intelligenza emotiva il fulcro delle proprie strategie per la crescita del personale. Di solito è di routine fornire programmi di coaching ai massimi livelli dirigenziali, ma finisce lì. Invece occorrerebbe adottare la medesima strategia per tutti i collaboratori dell’azienda, fino ai neoassunti. Competenze come la consapevolezza di sé, la capacità di gestire le proprie emozioni e l’empatia possono essere apprese in qualsiasi momento della vita: negli Stati Uniti si sta formando un movimento che auspica l’insegnamento dell’intelligenza emotiva già nella scuola dell’obbligo. Nella formazione dei dipendenti più giovani, le aziende dovrebbero porre enfasi su collaborazione, lavoro di squadra e comunicazione: tutte soft skill che prescindono dalle competenze tecniche e da quelle settoriali. So che è difficile investire oggi in formazione, ma ne va della capacità competitiva dell’azienda nel medio-lungo periodo“.
Anche in questo caso, nel nostro processo di inserimento in azienda, accompagniamo sempre ai processi formativi classici, progetti di coaching mirati allo sviluppo delle persone.
Questo si tramuta, fin da subito, in risorse produttive e felici!

Dott. Roberto Castaldo