Nel mondo dello sport siamo abituati a vedere le squadre o gli atleti cantare l’inno nazionale con trasporto e passione.

Ecco perché mi ha sorpreso non poco, leggere un articolo in cui si sottolineava come fino a pochi anni fa i giocatori della nazionale di calcio italiana non erano molto propensi a cantare l’inno di Mameli prima delle partite.

Ci fu un grande dibattito su questo tema e ci furono un bel po’ di polemiche sul senso di appartenenza e il patriottismo dei calciatori italiani.

Questo articolo mi ha fatto riflettere su alcuni aspetti della comunicazione che voglio condividere con te.

Quando cantare l’inno nazionale diventa un caso politico

Non so se ricordi quanto successo ai Mondiali di Calcio 2022 in Qatar, quando ci fu un vero e proprio caso politico riguardante la nazionale dell’Iran.

Nella prima partita i calciatori si rifiutarono di cantare l’inno nazionale in segno di solidarietà con le proteste contro il regime, che stavano avvenendo nel loro paese.

Il regime ovviamente non vide di buon occhio questa presa di posizione. Seguirono minacce e la promessa di ripercussioni per quando sarebbero tornati in patria.

Nella seconda partita al momento dell’inno nazionale la tensione era altissima ed era evidente il terrore dei calciatori che, costretti o no, cantarono l’inno.

Questo è un classico esempio di come cantare o meno l’inno nazionale ad una manifestazione sportiva può diventare una questione politica e sociale.

Così come lo è diventata qualche anno fa in Italia.

Non parliamo di regime, minacce o costrizioni ovviamente.

Erano i primi anni 2000 e ci fu un acceso dibattito sul perché i calciatori italiani non cantassero l’inno di Mameli prima delle partite.

Era accaduto a tutte le precedenti edizioni dei mondiali di calcio e nell’opinione pubblica questo aspetto iniziava ad essere visto come mancanza di patriottismo.

Fu l’allora Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che in alcune uscite pubbliche suggerì ai calciatori di cantare l’inno, prendendo come esempio quanto accadeva nel rugby.

Basta cercare un video su Youtube sulla nazionale di rugby e vedere con che passione e carica cantano l’inno italiano.

La polemica pubblica e l’invito del Presidente portò i calciatori dell’Italia (tranne uno, l’oriundo Camoranesi che non lo conosceva) a cantare l’inno nazionale prima di tutte le partite del Mondiale di Calcio 2006 in Germania, nel quale trionfammo.

Da allora cantare l’inno prima di una partita è diventata consuetudine per la nazionale di calcio italiano.

Cosa possiamo imparare da queste due storie dal punto di vista della comunicazione?

Condivido con te le mie riflessioni.

Cantare l’inno nazionale: 3 consigli di comunicazione efficace

Sono partito dal raccontarti queste storie sull’inno nazionale perché credo illustrino bene alcuni principi della comunicazione che dobbiamo tenere ben presenti.

Dico sempre che per comunicare in modo efficace bisogna guardarsi intorno e individuare cosa funziona e cosa no, soprattutto in situazioni di vita quotidiana.

Quanto ti ho raccontato finora mi ha fatto riflettere su 3 aspetti in particolare.

1. Il contesto può influire sull’efficacia della tua comunicazione

Avere un comportamento o dire qualcosa nella stanzetta di casa tua o farlo davanti a milioni di persone può assumere un significato completamente diverso. Se non fosse stata la nazionale di calcio ma di uno sport minore, probabilmente non avrebbe avuto così tanta rilevanza, così come una presa di posizione ai Mondiali di Calcio ha un impatto maggiore della stessa azione al torneo interscolastico. In più anche il ruolo che ricopri e le responsabilità che hai, possono influenzare la tua comunicazione e il messaggio che arriva al tuo interlocutore.

2. Ogni comportamento/azione comunica un messaggio

Anche il non scegliere è una scelta e comunica un messaggio. Non sappiamo se i calciatori della nazionale in passato abbiano deciso volontariamente di non cantare l’inno. Fatto sta che il non farlo ha comunicato, per molte persone, una mancanza di patriottismo e di senso di appartenenza. Se sei coinvolto in un determinato contesto, anche se non ti esponi o non dici una parola, stai comunicando. Se questa scelta ti aiuta a raggiungere l’obiettivo della tua comunicazione allora va bene. In caso contrario, ti consiglio di avere una comunicazione più chiara. E qui ci colleghiamo al terzo punto.

3. Adotta una comunicazione che non può essere fraintesa

La maggior parte dei litigi e delle incomprensioni nascono da una comunicazione poco chiara e poco efficace. Diamo per scontato che i nostri interlocutori capiscano al 100% ciò che vogliamo comunicare ma non è così. Il non cantare l’inno nazionale, ad esempio, può essere interpretato in tanti modi, volontariamente o involontariamente. Con quella tua azione stai comunicando e si tratta di un comportamento che può essere codificato in modo diverso in base alla persona che lo osserva. Una delle sfide più grandi della comunicazione efficace è comunicare in modo tale che il messaggio che vuoi far arrivare non venga frainteso.

Come migliorare la tua comunicazione

I tre aspetti che ho appena sottolineato, rappresentano alcuni principi base della comunicazione efficace, che è sicuramente una delle soft skill che devi assolutamente sviluppare.

Ovviamente si tratta di un ambito molto vasto e complesso, ma tener presente questi principi fondamentali può migliorare di molto il modo in cui comunichi.

Se poi vuoi diventare un fuoriclasse della comunicazione, il mio consiglio è di partecipare al PNL Practitioner.

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